Influencer marketing: vince (e paga)  la trasparenza 

di Silvestro Ramunno, pubblicato il 19/04/2019

La giungla delle campagne pubblicitarie non trasparenti in cui proliferano influencer opachi e brand senza scrupoli o poco attrezzati ad affrontare il mare grosso del digital, sta diventando  un pratodove tutto è chiaro.

La pubblicità ingannevole è illegale ma le leggi italiane sono state pensate in un’epoca senza social network, ormai dominanti sugli altri media. Sui social, soprattutto Instagram e youtube che sono le piattaforme più cool per l’influencer marketing, dopo una prima fase di “sregolatezza” in cui si è visto di tutto e di più, sta prendendo piede l’autoregolamentazione. Sono i brand stessi a darsi delle regole e rispettarle.

Non stupitevi se tra gli hashtag usati dagli influencer trovate sempre più spesso #ad o #adv; sono frutto di un processo in cui sta vincendo la trasparenza.

Uno degli esempi di autodisciplina più avanzati è la Digital Chart, che ora fa un passo avanti: quelle regole non sono più semplici raccomandazioni alle imprese che investono in pubblicità, ma diventeranno vincolanti per tutti gli aderenti all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria.

Una spinta alla trasparenza è venuta anche dall’Agcm, che ha avviato azioni contro imprese e influencer non trasparenti e intrapreso una attività di moral suasion per la corretta informazione.

La scelta di trasparenza delle imprese non è solo una necessità etica, è anche un’esigenza di business. Le qualità intrinseche del prodotto contano sempre meno, i consumatori scelgono i valori che quel prodotto rappresenta. In Italia, il 71% dei consumatori dichiara di voler acquistare beni e servizi da aziende che riflettono i valori in cui crede e quasi un consumatore su due ha smesso di acquistare un prodotto a causa delle azioni di un’azienda, non in linea con la propria etica (fonte: Accenture Strategy).

Nell’era della reputazione e del “business etico”, un brand non può permettersi scelte poco trasparenti. La reputazione è il trait d’union che porta ad una sorta di avvicinamento tra il mondo della pubblicità e quello della comunicazione e delle relazioni pubbliche, dove codici di trasparenza e correttezza sono consolidati da tempo (qui il codice etico di Assorel, approvato nel 2003, nel quale Homina si riconosce).

Ed è in questo campo che le PR, forti della lunga esperienza sulla brand reputation, hanno la grande opportunità di giocare in attacco la partita del futuro.

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