Creazione del consenso: il paradosso del biometano

di Omer Pignatti, pubblicato il 08/02/2019

Avete presente il biometano? È ricchezza a costo zero, è beneficio ambientale, è economia circolare al 100%.

In pratica la parte umida dei nostri rifiuti viene “digerita”, trasformata in biogas, che poi diventa biometano attraverso un processo di upgrading. È lo stesso metano che utilizziamo per scaldarci o per far viaggiare le nostre auto.

Il saldo globale di emissioni di CO2 in atmosfera è neutro, in più si risparmiano le emissioni dovute all’utilizzo di combustibili fossili (il gas estratto dal sottosuolo). Produrre biometano è uno dei modi più intelligenti di utilizzare i rifiuti che produciamo; inoltre – non dimentichiamolo – il residuo di produzione è un fertilizzante agricolo di buona qualità, che può essere usato al posto dei concimi chimici. Fantastico vero?

Produrre biometano è uno dei modi più intelligenti di utilizzare i rifiuti che produciamo

Il biometano è la nuova frontiera, è incentivato dallo Stato Italiano perchè fa green e circular economy, piace alle associazioni ambientaliste, è oggetto di dotte tavole rotonde e di ingenti investimenti di grandi imprese.

Tutto vero, se non fosse che, quando un progetto di impianto per la produzione di biometano si cala nella realtà, si assiste di frequente a rivolte di cittadini, nascita di comitati, allarmismo diffuso a piene mani sui social, altro che effetto Nimby…

Tutto ancora molto più esasperato da due fattori relativamente nuovi: il deterioramento della qualità della discussione e la sua estremizzazione, dovuta ai social network; l’incapacità degli amministratori pubblici di guardare all’interesse generale di lungo periodo, perchè unicamente interessati al consenso immediato, con strategie che rischiano di trasformarsi in veri e propri boomerang elettorali.

In uno scenario del genere, la comunicazione e la costruzione del consenso assumono un valore strategico, ma va aggiornata la nostra cassetta degli attrezzi. Se giocare d’anticipo era importante, oggi lo è ancora di più.

la comunicazione e la costruzione del consenso assumono un valore strategico, ma va aggiornata la nostra cassetta degli attrezzi.

Se non si è creato un terreno favorevole tra gli stakeholder, fatto di coinvolgimento e conoscenza del progetto, può bastare un semplice post allarmista su un social network a far bruciare tutto. Vista la rapidità con cui si propagano gli incendi in rete, è discriminante intervenire sulla prima scintilla, grazie ad una attenta attività di monitoraggio.

Oltre agli interventi di coinvolgimento degli stakeholder per la creazione di consenso e conoscenza, la capacità principale di noi comunicatori deve essere quella di riuscire a elaborare una strategia in grado di tenere il confronto nel merito delle questioni, denunciando e depotenziando immediatamente speculazioni elettoralistiche e fake news.

Non è facile, ma non ci sono altre strade da percorrere.

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